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Acquedotto romano Fontana di Mezzomonte
Una grande vasca di forma semi ellittica (dimensioni 23x20 m) per la raccolta dell’acqua è la parte visibile dell’acquedotto romano Fontana di Mezzomonte, risalente all’età domizianea (I sec. d.C.).
L’attuale forma deriva dagli interventi di restauro del XVIII secolo voluti dalla Camera Apostolica, che ne modificarono l’originario profilo a ferro di cavallo modificando le pareti più alte ma conservando l’impianto originario nella parte più bassa, secondo l’intuizione dall’archeologo e studioso di tecnica costruttiva romana Giuseppe Lugli.
La parte superiore delle pareti perimetrali interne è realizzata ad effetto di reticolo regolare a
linee diagonali (opus reticulatum) tramite l’utilizzo di pietre piramidali inserite nella cortina muraria accostate le une alle altre in modo regolare, in pietra calcarea e tufo, posti in opera alternati tra loro per ottenere l’effetto policromo che contraddistingue la vasca.
Il basamento inferiore delle pareti è invece realizzato in laterizi di colore rosso che accentua l’effetto policromo dell’insieme, e richiama le catene angolari delle pareti realizzate con gli stessi laterizi.
L’acqua, proveniente da una sorgente naturale ai piedi del promontorio Circeo nella zona del Quarto Freddo detta Mezzomonte da cui il nome, era incanalata nella vasca attraverso un cunicolo dalle dimensioni di circa 50x70 primo tratto, che nel tratto finale prima della vasca aperta si allarga in un vasto ambiente lungo alcune decine di metri per tre circa, per un’altezza di 3 metri. Le pareti intonacate erano originariamente ben rifinite, avendo realizzate agli angoli di fondo due colonnine tondeggianti e alla congiunzione tra il pavimento e le pareti delle bordature tondeggianti, all’evidente scopo si evitare l’accumulo di detriti e favorire lo scorrimento dell’acqua
Sono evidenti segni di rimaneggiamenti più recenti nella volta, manomessa all’epoca della costruzione della strada che attualmente vi passa sopra, e per occludere il primo condotto che parte dalla sorgente.
Negli anni quaranta del XX sec., con l’utilizzo di pompe elettriche di sollevamento l’acqua della sorgente è stata dirottata verso l’abitato di San Felice Circeo lasciando a secco l’invaso di costruzione romana che un tempo, attraverso una canaletta in parte ancora visibile sul margine ovest, alimentava per scorrimento le ville rustiche più in basso dell’antica Circeii, le terme, il porto romano del lago di Paola.
“L’importanza di quest’opera dell’ingegno romano non sta solamente nel fatto di rendere possibile la sopravvivenza e l’attività agricola della comunità di Circeii in questo versante del promontorio, ma ancor più nel fatto che grazie alla esistenza di queste strutture gli imperatori romani poterono concepire la realizzazione del luogo di otium che nel tempo sarebbe divenuto la splendida villa Domiziano.
Infatti, l’esistenza di questa comunità agricola ben organizzata e autosufficiente già nel I sec. a.C., per gli imperatori era garanzia di approvvigionamenti regolari di cibo e di acqua in ogni momento, e questo ha reso per loro concepibile la realizzazione nei pressi del promontorio del Circeo di quel complesso residenziale imperiale intitolato a Domiziano, ma che è stata residenza di molti altri nobili personaggi che lo hanno preceduto”.
Bibliografia:
- D. Ronchi, La colonia di Circeii dal tardo arcaismo alla colonia di Cesare padre: santuari ed evidenze monumentali, edizioni ETS, Pisa, 2017, p. 43.
- G. Lugli, Forma Italiae, Regio I, Latium et Campania I: Ager Pomptinus, Pars II: Circeii, Roma, 1928, n. 41, c. 37.
- J. P. Adam, L’arte di costruire presso i Romani materiali e tecniche, Milano, 1988, 257-288.